Australia ko, Sinner fenomeno: il punto decisivo è suo

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    MESTOLO DI BRONZO

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    Australia ko, Sinner fenomeno: il punto decisivo è suo

    STEFANO SEMERARO




    MALAGA. È un sentimiento nuevo, alla fine, perché erano quasi cinquant’anni che non lo provavamo: da quel novembre del 1976, fatto di gioia e di sofferenza, ed era un tennis diverso, era un mondo diverso, eravamo diversi noi. Da Santiago a Malaga, alle magliette rosse di Panatta e Bertolucci alla zazzera rossa di Jannik Sinner, resta quello il colore della passione e del ricordo, destinato a unire la generazione di chi c’era e quelle, più di una, di chi la Coppa Davis l’ha conosciuta solo in vecchie foto in bianco e nero, in ricordi sempre più stinti. Che adesso lasciano il posto ad un arcobaleno di allegria: Simone Bolelli che abbraccia Sinner, Matteo Arnaldi che innaffia tutti, Sonego che guida i cori, Musetti che si avvolge nel tricolore, la torcida azzurra che esplode, i tamburi che picchiano un ritmo di festa. E il novantenne Pietrangeli che alza la coppa in mezzo ai suoi nipotini. Sì, come recita il display luminoso del Martin Carpena, l’Italia è campione, e il 21 dicembre sarà ricevuta al Quirinale da Sergio Mattarella. Chi per anni ha corteggiato un’idea che pareva folle, fuori tempo, inafferrabile, elusiva - basta pensare all’occasione sfumata solo dodici mesi fa - sente il cuore gonfiarsi e sbretellarsi, concedersi un extrasistole di felicità. «È una giornata che sogno da due anni - dice Capitan Volandri - specie quando abbiamo toccato il fondo, e la dedico a chi ci ha creduto». Il pensiero va ai quattro matchpoint salvati da Sonego contro Jarry a Bologna, al doppio strappato al Cile, agli altri tre annullati qui da Sinner contro Djokovic.

    La dedica a Tathiana Garbin
    Per prenderci la seconda Insalatiera della nostra storia servivano due punti contro l’Australia. Li hanno portati Matteo Arnaldi contro Alexei Popyrin (7-5 2-6 6-4) soffrendo come un cane perché il suo tennis era inceppato dai sentimenti - il lutto di famiglia della fidanzata australiana Mia, poche settimane fa - e un Jannik Sinner stanchino ma comunque in modalità fuoriclasse, che ha lasciato le briciole (6-3 6-0) al numero 12 del mondo Alex De Minaur. È il trionfo di un gruppo, una famiglia allargata come la definiscono gli azzurri, che ieri sera comprendeva anche Matteo Berrettini, capotifoso non giocatore ma aggregato alla gioia comune - e peccato per Fabio Fognini, vincitore ieri di un Challenger proprio in Spagna ma esiliato da una felicità che ha contribuito a costruire. È soprattutto il trionfo di Jannik Sinner, sceso dalle montagne dove è stata scritta la Storia grande dell’Italia per aiutarci a reinventare, dopo decenni di nostalgie e imprese incompiute, anche quella piccola dello sport italiano. Il Ragazzo meraviglioso non ha fatto in tempo a godersi il ruolo di stella solitaria a Torino che ha dovuto indossare i panni dell’uomo squadra, e lo ha fatto nel migliore dei modi. Vincendo in singolare e in doppio, incaricandosi di un sogno collettivo con i suoi 22 anni da capofamiglia, caricandosi sulle spalle la condanna a essere perfetto. E sempre con il sorriso sulle labbra, manovrando anche le parole come lungolinea vincenti. «Abbiamo sentito la pressione, ma siamo stati in grado di gestirla, perché va bene il cuore, ma serve anche tranquillità», spiega. «Era facile dire che eravamo favoriti, ma il capitano ha dovuto fare scelte difficili. Ora abbiamo voglia di vincere ancora, perché siamo un gruppo giovane». Poi la dedica che apre davvero il cuore: «Tathiana (Garbin, capitana di Billie Jean King Cup, alle prese con una malattia seria ndr) oggi affronta un match difficile. Abbiamo vinto la Davis e parliamo di fare la storia, ma la vita vera è fatta di altre cose. E noi siamo tutti con lei». Come una vera famiglia.


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