Un'infanzia difficile?

Esperienze come il distacco dai genitori

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    MESTOLO AVANZATO

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    MILANO- Se respiri male da grande, vuol dire che hai avuto delle avversità da bambino. E ciò che hanno dimostrato i ricercatori dell’Università San Raffaele di Milano e del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Quando i giovani vivono difficoltà, come le esperienze di distacco precoce dai genitori, si innesca una sorta di moltiplicazione del segnale genetico che orchestra le nostre risposte fisiologiche, con uno speciale elemento in più: la respirazione. Infatti, un parametro chiave che cambia in risposta a questi frangenti è la sensibilità a stimoli soffocatori. Sia umani che topi manifestano risposte respiratorie molto più marcate, iperventilando in presenza d’aria lievemente arricchita in anidride carbonica, se hanno vissuto in infanzia delle difficoltà famigliari.

    ATTACCHI DI PANICO- Questo tratto psicobiologico è però importante non solo per la regolazione del respiro, ma anche per la nostra vita mentale, essendo uno dei parametri alterati negli attacchi di panico (spesso contraddistinti da un senso soggettivo di soffocamento) e nel disturbo d’ansia da separazione nell’infanzia. Le nuove evidenze raccolte dai ricercatori mostrano come il meccanismo alla base di questa esagerazione della risposta respiratoria sia una vera e propria interazione che avviene tra il patrimonio genetico degli individui e l’esperienza ambientale avversa: il segnale genetico alla base della risposta respiratoria cresce cioè sproporzionatamente al crescere del grado di avversità ambientale. Inoltre, l’età alla quale le avversità colpiscono è fondamentale: se l’esposizione avviene in età infantile, l’alterazione respiratoria si instaura e resta stabile almeno nella prima parte dell’età adulta. I dati umani e animali mostrano come un tipo di avversità quale la separazione precoce dai genitori, che nulla hanno a che fare con la respirazione, alterino una funzione respiratoria fondamentale.

    LO STUDIO AMERICANO Queste conclusioni sono state tratte dalla considerazione in parallelo di campioni di gemelli umani (studio pubblicato sull’American Journal of Medical Genetics) e di animali (pubblicato su PlosONE), realizzata da ricercatori dell’Università San Raffaele e dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele, in collaborazione con l’Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia del CNR di Roma. Gli studi nel loro complesso dimostrano il ruolo dei fattori genetici a modulare la sensibilità alle difficoltà che l’ambiente ci presenta. Dato il particolare tratto in esame, questi dati aggiungono un nuovo, importante tassello alla comprensione dei meccanismi fisiologici alla base dell’ansia da separazione in età pediatrica, che aumentano la probabilità di ammalarsi da adulti di attacchi di panico. Nell’umano i ricercatori hanno intervistato centinaia di coppie di gemelli sulle avversità in età pediatrica, nell’animale hanno separato dei topi dalla madre a 24 dopo ore dalla nascita, dandoli ‘in adozione’ a madri diverse da quella biologica per i successivi 4 giorni. Mentre le madri topo adottano facilmente i cuccioli di altre madri, nutrendoli e accudendoli in misura adeguata, l’esperienza di separazione precoce dalla madre innesca una risposta iperventilatoria all’anidride carbonica del 150% maggiore di quella osservata in cuccioli allevati normalmente. Studiando poi le cause di questa risposta, i ricercatori hanno dimostrato che l’esagerata risposta respiratoria era addebitabile ad un aumento specifico del segnale genetico, presente negli individui sottoposti a separazione precoce. Ciò suggerisce che in risposta alle avversità ambientali vengono reclutati sistemi genici che sono altrimenti quiescenti, o che vengono espressi in modo diverso, qualora le condizioni ambientali siano più facili o meno stressanti.

    SENSIBILITA' - Questo modello animale ha importanti implicazioni per comprendere disturbi ansiosi nell’uomo, perché è stato dimostrato precedentemente dallo stesso gruppo di ricerca che la sensibilità alla CO2 è presieduta da sistemi genetici che coincidono in buona misura con quelli che presiedono alle manifestazioni di panico e ansia da separazione. Studiare la regolazione della risposta alla CO2 coincide dunque in buona parte con lo studio della regolazione (genetica e ambientale) delle manifestazioni di panico o e ansia da separazione nell’uomo. «Grazie a questa strategia che parte dall'osservazione sull'uomo, traslando sull'animale, sarà possibile riportare all’umano una serie di conoscenze di genomica e neurobiologia acquisite in laboratorio», spiega Marco Battaglia, professore di Psicopatologia dello sviluppo al San Raffaele « Dovremmo essere presto in grado di leggere alcuni cambiamenti di espressione genica che si verificano nell’encefalo di questi animali. La nostra missione ultima resta quella di aumentare le conoscenze dei meccanismi genetici e ambientali che influenzano manifestazioni ansiose nei bambini e giovani adulti, migliorandole strategie di prevenzione, diagnosi precoce e terapia». Aggiunge Francesca D’Amato, ricercatrice al CNR di Roma: «Questo studio mostra per la prima volta in un modello animale che lo sviluppo di un organismo allevato in un ambiente ostile sia associato ad alterazioni della risposta respiratoria. Questo “endofenotipo” riscontrabile anche nell’uomo costituisce un punto di partenza fondamentale per la ricerca preclinica su questa patologia». «Il passo successivo» conclude Anna Moles, anch'essa ricercatrice al CNR «sarà quello di valutare con le moderne tecniche di sequenziamento massivo quali sono i geni che vengono “programmati” dall’ambiente ostile attraverso modifiche epigenetiche».


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