Scarti di mortadella per pranzo, l’azienda del Reggiano sospende due lavoratori: “Avevamo fame”

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    MESTOLO DI BRONZO

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    Scarti di mortadella per pranzo, l’azienda del Reggiano sospende due lavoratori: “Avevamo fame”
    Il provvedimento dopo le segnalazioni di alcuni ammanchi negli armadietti degli spogliatoi dei dipendenti, cosa che ha portato all'installazione di telecamere nascoste


    FILIPPO FIORINI



    Il turno del mattino incomincia alle 4,15 e procede per otto ore con le regolari pause. Nel corso di una di queste pause, una mattina della settimana scorsa, un operaio della coop Tre Valli di Correggio (RE), azienda produttrice di salumi che fa parte del Gruppo Veronesi (Aia, Negroni), si è «fregato due fette di mortadella dagli scarti di lavorazione, per metterle nel pezzo di gnocco (focaccia) che m'ero portato da casa». Il tutto, perché aveva fame. Di lì a pochi giorni, è stato convocato dalla dirigenza, «sospeso con una lettera di richiamo, invitato a licenziarmi spontaneamente e accompagnato immediatamente alla porta», così come a detta di questo operaio di quarant'anni (da cinque impiegato presso il datore di lavoro che ora lo vorrebbe allontanare), sarebbe accaduto anche a un altro collega, macchiatosi di un furto di entità analoga e ad altri due, invece, responsabili di sottrazioni più ingenti: interi prosciutti e oggetti personali dagli armadietti.
    La versione che Maurizio (nome di fantasia) dà dell'accaduto «non perché voglia rispetto per me, ma perché voglio che rispettino i ragazzini di vent'anni», viene tuttavia contestata dal Gruppo Negroni, che ha sede a Verona, il quale fa sapere attraverso una nota che «gli alimenti consumati dai lavoratori coinvolti nella vicenda non erano scarti della produzione, bensì intere confezioni di prodotti a tutti gli effetti destinati alla successiva commercializzazione».
    L'origine del caso che sta facendo discutere, un po' perché ci si immedesima nelle tentazioni della gastronomia emiliana, un po' perché gli aspetti da considerare farebbero riaprire il manuale di diritto anche un buon giuslavorista, vanno cercati qualche mese fa. Tra febbraio e marzo, Maurizio e altri colleghi subiscono una serie di furti. Piccole cose per alcuni, «come un paio d'occhiali da sole cinesi» per esempio, più consistenti per altri, come «500 euro in contanti», nel caso di Maurizio. Lui fa presente la cosa alla direzione, accompagnato dal delegato sindacale. Sempre secondo quanto riferito dal dipendente, la direzione risponde che indagherà e farà installare delle telecamere di sicurezza.
    Dalle immagini prodotte da queste telecamere, emergono elementi irrefutabili di prova ai danni di un altro operaio, che oltre a rubare ai colleghi, ha congegnato un metodo per portarsi fuori i prosciutti interi. Ne trafuga un numero dai due ai quattro, per un valore che potremmo quantificare all'ingrosso tra i 100 e i 250 euro. Messo davanti all'accaduto, il ladro si licenzia spontaneamente e tutto sembra finire lì, finché martedì Maurizio e un altro collega non vengono convocati e gli viene chiesto conto delle fette, anche qui con i video alla mano come prova. «L'altro si era nascosto nell'armadietto due vaschette di affettato, che è un po' più grave di quello che ho fatto io, ma non credo che una persona che lavora lì da 12 anni, come nel suo caso, meriti un trattamento del genere».
    Per quanto riguarda lui, ha ammesso subito di aver sottratto la mortadella per farcirci il «gnocco», ha chiesto scusa, si è giustificato dicendo che «il turno è lungo, i distributori automatici col cibo non bastano per tutto il personale» e poi che «è una prassi diffusa» spizzicare da quello che non finisce nel packaging. Certo, per quanto piccolo, resta sempre un furto e, come si dice ai bambini, «se tutti facessero così, poi..». È però questa una ragione sufficiente per sospendere un dipendente e chiedere che si licenzi da solo, privandolo così di gran parte dei diritti che invece avrebbe se licenziato dall'azienda? Maurizio vorrebbe semplicemente tornare a lavorare: «Io lì sono sempre stato bene, la paga è buona e i rapporti con gli altri sono a posto. Quello che manca è il rispetto. Ci vorrebbe un po' più di rispetto».
    Adesso, il Gruppo Veronesi ha 15 giorni di tempo per rispondere alla contestazione della lettera di richiamo presentata da Maurizio. Nel frattempo, dallo stesso Gruppo fanno sapere che «la vicenda verrà chiarita nelle competenti sedi, in esito alle procedure previste dalla legge».


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