Quell’urlo di luce dai confini dell’Universo

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    MESTOLO DI BRONZO

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    Quell’urlo di luce dai confini dell’Universo


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    La luce che, sul finire del 2016, ha raggiunto la Terra dal centro della galassia CTA 102, nella Costellazione di Pegaso, era tanto forte da poter essere osservata e fotografata attraverso un semplice telescopio da 8 centimetri: uno strumento amatoriale o poco più. Solo che quella che un occhio poco esperto poteva scambiare per una stella della nostra galassia era in realtà l’urlo di luce di un buco nero supermassiccio a otto miliardi di anni luce dalla Terra. Il più potente getto di energia mai osservato da quando l’uomo scruta il cielo. E il suo studio è valso una pubblicazione sulla Bibbia della scienza, la rivista Nature.

    I primi a registrarlo sono stati gli astronomi dell’Osservatorio regionale della Valle d’Aosta, a Saint-Barthélemy, e in particolare Paolo Calcidese, responsabile del Progetto Nuclei Galattici Attivi lanciato nel 2006 quando l’osservatorio valdostano è stato invitato a partecipare al Whole Earth Blazar Telescope (Webt): un consorzio internazionale fondato a Boston 20 anni fa che ha come obiettivo il coordinamento delle osservazioni finalizzate al monitoraggio continuativo del blazar «un particolare tipo di galassie - spiega Calcidese - che variano la propria emissione, nella luce visibile e nelle altre bande dello spettro elettromagnetico, su intervalli di tempo sorprendenti, anche durante la singola notte». Alla guida del consorzio - di cui fanno parte 40 osservatori dell’emisfero Nord - dal 2000 ci sono Claudia Raiteri e Massimo Villata, ricercatori dell’Inaf-Osservatorio astrofisico di Torino.
    (Nelle notti di novembre e dicembre 2016 il blazar CTA 102 divenne così luminoso da essere alla portata anche di piccoli telescopi amatoriali. La fotografia è stata realizzata con una camera CCD applicata a un telescopio rifrattore da appena 8 cm di apertura. Fonte: https://viewfrom.earth/13-galaxies/33-cta-102 )
    A novembre 2016 il Webt si stava occupando della galassia CTA 102 quando, nella notte del 30 novembre, Calcidese ha osservato attraverso il telescopio principale da 81 centimetri un primo picco di luce insolito rispetto ai massimi registrati nel 2012. Nella notte tra l’1 e il 2 dicembre, poi, CTA 102 era 200 volte più luminosa del normale. Dopo aver verificato che gli strumenti fossero a posto, Calcidese e il collega Albino Carbognani hanno inviato un primo “telegramma astronomico” alla comunità scientifica: un’allerta mondiale per puntare tutti i telescopi disponibili (a Terra e nello Spazio) su quella porzione di cielo. Nella notte tra il 15 e il 16, ne hanno inviato un secondo: CTA 102 era 300 volte più luminosa del solito. Il record assoluto di luminosità sarà poi registrato il 29 dicembre dall'osservatorio di Campo Imperatore.
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    Com’è possibile che un buco nero, dal quale nemmeno la luce può fuggire, contribuisca alla luminosità di una galassia? «La materia catturata dal buco nero, prima di essere inghiottita definitivamente, gli orbita attorno formando una specie di vortice, il “disco di accrescimento”. Man mano che gas e polveri, spiraleggiando, si avvicinano al punto di non ritorno, si riscaldano così tanto da emettere una grandissima quantità di onde elettromagnetiche - spiega Calcidese -. Inoltre l’interazione tra la materia nel disco e il buco nero può produrre due getti di plasma, cioè materia ionizzata, che si dipanano in direzioni tra loro opposte e all’incirca ortogonali al piano di rotazione del disco, spingendosi anche a milioni di anni luce dalla galassia. Nel getto, il plasma viaggia a velocità relativistiche, cioè vicine alla velocità della luce, producendo un’ulteriore, potente emissione elettromagnetica. Un blazar è una galassia attiva il cui getto, per caso, punta verso la Terra, perciò ne vediamo bene l’emissione».
    Il problema, in questo caso, era la variabilità del getto: perché cambiava così tanto? Cosa causava quelle turbolenze? Sul tavolo dopo 6 mesi di analisi dei dati ci sono tre ipotesi, dice Calcidese: «In primis la sua instabilità dovuta a fattori magnetoidrodinamici, poi la possibilità che il disco di accrescimento non sia omogeneo e quindi ci impedisca la vista e infine l’ipotesi più allettante cioè che il cuore della galassia CTA 102 sia composto da un sistema binario di buchi neri supermassivi» che orbitando causano lo scodamento del getto. Ma la risposta definitiva la daranno, presto o tardi, i prossimi studi in cantiere.


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